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Verdetto definitivo

  • Arresto e accuse: La vicenda di Bruno Contrada, ex funzionario di polizia ed ex numero tre del SISDE (il servizio segreto civile), ha inizio il 24 dicembre 1992, quando viene arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Le accuse si basavano sulle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia (pentiti).
  • Sentenza definitiva: Dopo un lungo e complesso iter giudiziario, che ha visto alternarsi assoluzioni in appello, annullamenti da parte della Cassazione e nuovi processi, la Corte di Cassazione confermò definitivamente la condanna a 10 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa nel 2007. Contrada ha scontato la pena (circa 8 anni, tra carcere e domiciliari). 

La svolta della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU)

  • Il ricorso: A seguito della condanna definitiva, il legale di Contrada presentò ricorso alla CEDU, sostenendo che la condanna violasse l’articolo 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, il quale sancisce il principio di legalità e irretroattività della legge penale.
  • La sentenza CEDU (aprile 2015): La CEDU diede ragione a Contrada, stabilendo che, all’epoca dei fatti a lui contestati (anteriori al 1994), il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non era sufficientemente definito e prevedibile nel diritto italiano. Pertanto, la condanna fu giudicata illegittima e contraria ai principi della Convenzione. La CEDU, in sostanza, ritenne che il reato di concorso esterno si fosse consolidato nella giurisprudenza italiana solo a partire dal 1994, e quindi non poteva essere applicato retroattivamente per fatti precedenti. 

La Cassazione revoca la condanna e il reintegro simbolico 

  • Revoca della condanna (luglio 2017): In seguito alla sentenza della CEDU, la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della difesa di Contrada, dichiarò ineseguibile e improduttiva di effetti penali la sentenza di condanna del 2007. Questa decisione pose formalmente fine alla condanna definitiva.
  • Reintegrazione nella polizia (ottobre 2017): Dopo la sentenza della Cassazione, il capo della Polizia Franco Gabrielli revocò il provvedimento di destituzione nei confronti di Bruno Contrada. Questo gesto, a carattere simbolico, ha ripristinato il suo status di appartenente alla polizia di Stato, riconoscendone la sua posizione (in quiescenza) e consentendogli di ricevere gli stipendi e i trattamenti pensionistici arretrati. 

La battaglia per il risarcimento per ingiusta detenzione 

  • Richiesta di risarcimento: Dopo la revoca della condanna, Contrada ha avviato un’ulteriore battaglia legale per ottenere il risarcimento per l’ingiusta detenzione subita.
  • Decisioni altalenanti: La richiesta ha avuto un percorso complesso: inizialmente riconosciuta dalla Corte d’Appello di Palermo, fu annullata dalla Corte di Cassazione nel 2021. La vicenda è tornata quindi alla Corte d’Appello.
  • Riconoscimento del diritto (2023): Nel 2023, la Corte d’Appello di Palermo ha nuovamente riconosciuto il diritto di Contrada alla riparazione per ingiusta detenzione, riconoscendogli un indennizzo parziale di 285.342 euro, pur annullando in parte un risarcimento precedente. L’importo si riferiva solo al periodo di esecuzione della pena dopo il consolidamento della giurisprudenza sul concorso esterno (1994), escludendo i periodi precedenti. 

Altre conseguenze legali
 
  • Ulteriori ricorsi alla CEDU: La vicenda ha avuto anche altri strascichi legali. Nel 2024, la CEDU ha condannato nuovamente l’Italia per violazione del diritto alla vita privata di Contrada, a causa di intercettazioni e perquisizioni considerate sproporzionate.