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25 maggio 1993 – Alla moglie Adriana

Roma, 25 maggio 1993

Adriana,

i tuoi scritti contengono esortazioni ad avere forza, fermezza, coraggio, ribellione o resistenza.

D’accordo. E’ giusto e comprensibile che tu dica queste cose. Anche altri lo fanno. Io, da parte mia, ciò che posso fare lo faccio. Continuo a vivere. Ma sai come? Lo immagini un corpo nudo e insieme gettato a terra, in un deserto o in una steppa, con corvi ed avvoltoi che ti volteggiano sul capo, con iene e sciacalli che ti circondano, con formiche rosse che si avvicinano? Ed ogni tanto l’avvoltoio ti becca, lo sciacallo ti morde, la formica ti pizzica. Non si avventano tutti insieme, ma si alternano quasi in un gioco mostruoso che si voglia far durare a lungo per sadica volontà.

Sì, ti muovi, ti agiti per scacciare ora questo ora quello, per allontanarlo, per ripararti, per difenderti. Ma sei sempre lì inerme e nudo.

Sì, puoi gridare, ma chi ti ascolta, chi raccoglie le tue implorazioni di aiuto?

Sì, puoi sperare che giunga qualcuno o Qualcuno che ti liberi dai lacci, ti rivesta, ti rianimi portandoti in un luogo sicuro. Allora resisto e aspetto. Per ora attendo Guido venerdì.

Baci a te e Antonio

Bruno

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