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L’arresto

Mutolo poi racconta :

che il capo della famiglia mafiosa di Partanna-Mondello, Rosario Riccobono, deceduto, gli aveva rivelato che il dott.Contrada era a disposizione dei capi più importanti di Cosa Nostra (tra i quali Inzerillo, Scaglione, Riina,Greco Michele), che incontrava personalmente ed ai quali aveva reso numerosi ”favori”, non specificati;

Mutolo sostiene, cioè, che quando i boss mafiosi si ammazzavano tra loro nella più impressionante guerra per bande che abbia mai insanguinato Palermo, il poliziotto più in vista della Città, Bruno Contrada, avrebbe incontrato ora l’uno, ora l’altro capo-mafia in luoghi pubblici o privati.

La non attendibilità di questa affermazione risulta evidente.

Nessun poliziotto in quegli anni in cui imperversava a Palermo una delle più tremende, se non la più tremenda e sanguinosa guerra di mafia avrebbe potuto essere amico e rendere “favori” contemporaneamente a diversi capi-mafia, perché un tale comportamento avrebbe significato sicuramente farsi ammazzare, in quanto le famiglie di mafia in lotta tra loro si cercavano l’un l’altra per attirarsi in tranelli ed agguati e per uccidersi.

Sarebbe stato impossibile non rimanerne coinvolti.

Altra accusa di Mutolo è :

che il capo-mafia Rosario Riccobono gli avrebbe riferito che la mafia aveva speso quindicimilioni per acquistare una macchina “Alfa Romeo” che il dott. Contrada doveva destinare ad una persona amica durante le festività natalizie del 1981.

Sono state svolte ricerche a tappeto su decine e decine di donne palermitane acquirenti o intestatarie di un’Alfa Romeo tra il 1980 ed il 1982. Nessuna donna portava a Contrada!

La verità è che Gaspare Mutolo è stato uno dei criminali mafiosi più perseguitati da Contrada, perché nel 1975, nel corso di un’operazione di polizia tesa a sventare un tentativo di estorsione ai danni dell’industriale Angelo Randazzo, il Mutolo aveva ucciso a sangue freddo il giovane agente di polizia Gaetano Cappiello, al quale Contrada voleva bene come ad un figlio.

E’ utile ricordare che Gaspare Mutolo ha accusato di collusione con la mafia il giudice Domenico Signorino, che esercitava le funzioni di P.M. sia nel processo del 1976 contro Mutolo sia nel maxi-processo, ed ha accusato inoltre i giudici Aiello, D’Antone, Barreca e Mollica, giudici che lo condannarono in Corte di Assise ed in Corte di Assise di Appello, nonché l’ex presidente della Corte di Appello di Palermo Carmelo Conti, che è stato prosciolto dal G.I.P. di Caltanisetta.

Tutto questo fa riflettere : almeno in un caso, quello di Carmelo Conti, Mutolo HA MENTITO!!

 

Tommaso Buscetta – Il 25 novembre 1992 il Buscetta conferma quanto detto in passato (aggiungendo tuttavia che egli non aveva una conoscenza diretta dei fatti raccontati) e cioè che Rosario Riccobono gli aveva suggerito di tornare a Palermo, assicurandogli che non sarebbe stato cercato dalla Polizia. Egli poi aveva chiesto ad un altro mafioso, Stefano Bontate, perché Riccobono facesse simili affermazioni ed aveva saputo che il Riccobono era amico di Contrada della Polizia di Palermo.

Su tali circostanze era stata aperta un’inchiesta, che si era conclusa con l’archiviazione e con un biglietto di auguri e di compiacimento inviato a Contrada a firma di Caponnetto. Il biglietto è agli atti del processo.

Nel novembre del 1992, però, Buscetta nel confermare le accuse del 1984 aveva detto che il rapporto tra Contrada e Riccobono era mal visto dagli altri mafiosi palermitani, contraddicendo in tal modo quanto avevano sostenuto Mutolo e Marchese .

Giuseppe Marchese il 4 novembre del 1992 dichiara: – che nel 1981, ritornando da una riunione di importanti capi mafia, suo zio Filippo l’aveva incaricato di avvisare Totò Riina che il dott. Contrada l’aveva informato che la Polizia si apprestava a perquisire la casa di borgo Molara, dove era nascosto il Riina. Il Marchese aveva avvisato quest’ultimo, che aveva lasciato tale abitazione per rifugiarsi a S. Giuseppe Iato.

Ma in un interrogatorio precedente, precisamente del 2 ottobre 1992, lo stesso Marchese aveva dichiarato che il Riina per motivi di sicurezza legati ai conflitti tra clan mafiosi, si era trasferito dalla villa di borgo Molara a S.Giuseppe Iato.

Per sfuggire ai mafiosi, dunque, e non alla Polizia.

In proposito occorre rilevare anche che la Polizia di Palermo venne a sapere che la casa di borgo Molara era stata rifugio di Riina soltanto nel 1984, allorchè il pentito Salvatore Anselmo rivelò che suo fratello, legato a Riina, era rifugiato nella villa di borgo Molara.

Rosario Spatola , personaggio che notoriamente era dedito all’uso di cocaina, il 16 dicembre 1992 – quindi soltanto sette giorni prima dell’arresto del dott.Contrada – lo accusa:

  • di essere un massone e di mantenere rapporti con i boss mafiosi attraverso la sua loggia.Nulla è emerso in proposito dalle accurate indagini effettuate dal Capitano della Direzione investigativa Antimafia Luigi Bruno.
  • di aver agevolato nella primavera del 1984 la fuga di Totò Riina, uno dei capi più spietati della mafia, e di altri capi mafia, che partecipavano ad una festa di matrimonio in un albergo di Cefalù, l’Hotel Costa Verde, avvisando il Riina stesso di un’operazione predisposta dalla polizia.
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