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L’arresto

Nel marzo del 1963, invece, il dott. Contrada aveva scritto alla Questura proponendo la revoca immediata del porto d’armi al Bontate, o comunque il non rinnovo, dal momento che il documento scadeva tre mesi dopo. Da quel momento Bontate entrò nel mirino della Polizia e non potè mai più ottenere un porto d’armi. Il fascicolo della questura relativa a questa pratica è andata al macero, ma la Procura avrebbe potuto avere notizie precise effettuando accurati accertamenti anche presso altri enti (archivio del Registro, archivio della Federazione della caccia ecc.)

Per quanto attiene la restituzione della patente, che era stata ritirata al Bontate allorchè venne sottoposto alla sorveglianza speciale con l’obbligo di soggiorno, gli artefici di tale restituzione furono, come poi è risultato anche dalle testimonianze degli interessati, il dott. Francesco Faranda, dirigente all’epoca dei fatti, del Commissariato di Polizia che raccolse le informazioni sul fatto che realmente il Bontate per lavoro avesse bisogno della patente, il Questore Giovanni Epifanio ed il Prefetto Girolamo di Giovanni .

Le indagini, come sempre nel caso Contrada o sono inesistenti o estremamente lacunose.

Inoltre il Cancemi sostiene che il Contrada è un giocatore, ma Contrada ribatte di non aver mai amato le carte e di aver imparato a giocare a scopone nel Carcere Militare di Forte Boccea.

Pietro Scavuzzo , “pentito” della mafia trapanese, un anno dopo l’arresto del dott. Contrada ha rivelato ai Magistrati uno strano episodio circa la stima di un anfora antica; egli racconta che:

– nel gennaio del 1991 avrebbe portato un’anfora antica di notevoli dimensioni insieme a due mafiosi, Calogero Musso e Pietro Mazzara, in un appartamento di via Roma a Palermo.

Quest’anfora sarebbe stata stimata, alla presenza del dott. Contrada, da un esperto svizzero (contattato a sua volta tramite un non meglio identificato Ludwig) per essere poi donata dalla mafia al Vicequestore di Trapani Michele Messineo.

Scavuzzo avrebbe riconosciuto lo stabile e l’appartamento dove avvenne la stima, in via Roma n.459. Egli parla di un appartamento con videocitofono e di una donna sui cinquant’anni che avrebbe aperto la porta, inoltre descrive l’interno della casa. Scavuzzo in un primo momento parla di un appartamento sito “al secondo o al terzo piano”, mentre successivamente dice trattarsi di quello all’ottavo piano, cioè la sede degli uffici del Sisde.

Con indagini rapide ed accurate si sarebbe potuto accertare facilmente che al Sisde non c’era alcuna dipendente di età superiore ai trent’anni, che la descrizione dell’arredamento fatta dal pentito non coincideva per niente con quella dell’Ufficio del Sisde, che in quell’ufficio era impossibile per chiunque entrare senza il permesso del capo-centro e che infine all’interno di quegli uffici esisteva una vigilanza armata24 ore su 24, con un piantone che aveva un mitra carico appoggiato sulla scrivania. Agevolmente si sarebbe potuto rilevare anche che la descrizione della porta fatta da Scavuzzo non corrispondeva: lo Scavuzzo aveva parlato di una porta semplice, mentre la porta degli Uffici del Sisde era una porta particolare del tipo di quella delle banche, con una camera di decantazione, che non permetteva che si aprisse la porta interna se prima non si chiudeva alle spalle del visitatore la porta esterna.

In conclusione il dott. Contrada si sarebbe incontrato negli uffici del Sisde con tre delinquenti mafiosi di Trapani (per giunta ricercati), che trasportavano un’anfora di notevoli dimensioni, per consentire ad un esperto svizzero di stimarne il valore in sua presenza.

In proposito il Capitano della DIA, Luigi Bruno, ha detto di non aver trovato alcun appartamento, rispondente alla descrizione fatta dal pentito trapanese Scavuzzo, nel quale avrebbe conosciuto Contrada, presentatogli dai boss della sua stessa provincia. Il capitano ha riferito infatti che sono stati visitati, senza esito, più di cento appartamenti della zona. Nessuno rispondeva alle caratteristiche riferite dal pentito.

Altri pentiti hanno poi testimoniato contro Contrada nel corso del processo, ma sono stati tutti puntualmente smentiti da quelli che avevano citato nelle accuse rivolte a Contrada.

Da tutto quanto sopra descritto emerge chiaramente che le indagini sono state svolte con una trascuratezza e una superficialità tali da far sorgere il fondato dubbio che esse siano state condotte intenzionalmente in tal modo.

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