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“I due poliziotti” di Lino Iannuzzi

 

Contrada condannato in primo grado, assolto in appello, l’assoluzione cancellata dalla Cassazione, ricondannato nel secondo appello, la sentenza confermata dalla seconda Cassazione

 

Quando poi Contrada sarà assolto in appello, la Cassazione annullerà “per mancanza di struttura logica nella motivazione” e dispone un nuovo giudizio per confermare o contestare la “logica” della motivazione della assoluzione. Si scoprirà che i segugi di Palermo, appena dopo l’assoluzione di Contrada in appello, hanno intercettata una conversazione tra due presunti mafiosi, che è in loro possesso dall’11 novembre del 2001, da sei mesi dopo l’assoluzione di Contrada, e l’hanno tenuta nascosta fino a quando la Cassazione non ha annullato la sentenza di assoluzione. Nella conversazione intercettata uno dei due mafiosi dice all’altro: “Questo Contrada ha due palle d’acciaio, grosse come le ruote di un automobile…”. E l’altro replica: “Iddu ci fici scappare…”. Che significa? C’è una duplice esegesi, alcuni dei periti sostengono che vuol dire che Contrada aveva aperto le porte della cella per favorire la loro evasione, o quanto meno li aveva avvertiti alla vigilia di una retata; altri esperti sostengono che vuol dire che Contrada li ha sorpresi sul lavoro e li ha messi in fuga. Come che sia, al secondo appello Contrada verrà ricondannato anche per l’interpretazione controversa di una telefonata.

Le accuse a Contrada, tutte le accuse, nessuna esclusa, si basano sul “de relato”, nessun “pentito” sa le cose che dice di scienza propria, tutti riferiscono per sentito dire. Molti si basano persino sul “de relato” dall’oltretomba, quelli che le cose gliele avrebbero dette, sono tutti morti. Buscetta riferisce cose che dice di aver apprese da Riccobono e da Bontate: Bontate è morto ammazzato il 23 aprile del 1981, 14 anni prima del processo a Contrada e della deposizione di Buscetta; Riccobono è morto ammazzato il 30 novembre del 1982, 13 anni prima. Mutolo riferisce da Riccobono, morto. Marino Mannoia riferisce da Bontate e Riccobono, idem. Spatola riferisce del pranzo di Contrada con Riccobono in saletta del ristorante che non è mai esistita e con Riccobono che è morto,idem. Quando gli avvocati di Contrada esibiscono la planimetria del ristorante che smentisce Spatola, i pm richiamano il “pentito” e gli fanno cambiare versione: Contrada e Riccobono non mangiavano in una saletta, dirà Spatola, ma in un angolo appartato del ristorante, accanto al cesso

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Cinque capi della polizia, due capi del controspionaggio, tre alti commissari per la lotta alla mafia, due generali della Guardia di Finanza, venti tra questori e funzionari di Ps, dieci ufficiali dei Carabinieri, una cinquantina di agenti e due ministri difendono Contrada – Ma i giudici di Palermo credono solo agli assassini

Contro le accuse di questi “pentiti” sono sfilati a deporre in difesa di Contrada cinque capi della polizia, Parlato, Coronas, Porpora, Parisi e Masone, e due capi del controspionaggio, Malpica e Voci, e tre alti commissari per la lotta contro la mafia, De Francesco, Boccia e Finocchiaro, due generali di divisione della Guardia di Finanza, Mola e Pizzuti, e 20 tra questori e funzionari di Ps, e 10 ufficiali dei carabinieri, e una cinquantina di agenti delle squadre mobili, e due ministri. Il più prestigioso dei capi della polizia che abbia avuto l’Italia, Vincenzo Parisi, proprio lui che ha preso a benvolere De Gennaro e lo ha protetto e agevolato nelle carriera, dichiara al processo: “Bruno Contrada è un investigatore straordinario: il suo è un curriculum brillantissimo ed egli ha sempre dimostrato una conoscenza straordinariamente approfondita del fenomeno mafioso, di cui è una memoria storica eccezionale. E per questo ha ricevuto per trentatrè volte elogi dall’amministrazione e dalla magistratura. Bisogna far luce – concludeva Parisi – su eventuali interessi ed eventuali corvi che hanno ispirato ai ‘pentiti’ le loro accuse e le loro rivelazioni così tardive. I fatti di cui loro parlano sarebbero avvenuti più di dieci anni fa: perché i ‘pentiti’ parlano solo ora e chi li manovra?. Io vedo un pericolo per la democrazia…”. E a Giacomo Mancini, segretario del Psi, Parisi confiderà: “Questo De Gennaro mi preoccupa, si sta sempre più legando a Luciano Violante e ai comunisti, ed è sempre più spregiudicato nei metodi che adotta nelle indagini…”.

Il prefetto Emanuele De Francesco, che è stato il primo alto commissario antimafia e poi è stato direttore del Sisde, ha raccontato ai giudici dello “specioso malanimo” agitato contro Contrada, quando era il suo capo di Gabinetto, da certe “lobby” o “cordate”, così le ha chiamate, del ministero dell’Interno, e ha raccontato che a un certo punto il fenomeno divenne così evidente e scandaloso che fu costretto a scrivere una lettera(esibita al processo)all’allora presidente della Repubblica Scalfaro per denunciare questi attacchi a Contrada che “provenivano dall’interno della Questura”. Un Altro prefetto, Angelo Finocchiaro, che è stato direttore del Sismi, era già andato a deporre dinanzi alla commissione parlamentare antimafia per denunciare “gli attacchi ripetuti e proditori” e “la campagna denigratoria” contro Contrada e il Sisde. Finocchiaro fece dinanzi ai giudici una clamorosa rivelazione: una notte c’era stata una misteriosa “irruzione” negli uffici del Sisde, il servizio segreto civile, degli agenti della Dia diretti da De Gennaro. Che cercavano? Cosa portarono via? Chi ce li aveva mandati? “Contrada – dice Emanuele Macaluso, l’ex esponente del Pci che più ne sa della Sicilia e della mafia – si è trovato al crocevia di un periodo di transizione che naturalmente ha coinvolto anche gli apparati. Bisognerebbe scrivere un libro sulla guerra degli apparati, sulla guerra tra polizia e carabinieri, sulla guerra tra i servizi segreti e i vari corpi speciali, sulla guerra sferrata e vinta da De Gennaro…”. Del resto, è stato il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga a chiedere, a un certo punto,lo scioglimento della Dia, accusandola di aver adottato i metodi propri di un servizio segreto di polizia politica”.

Ma i giudici di primo grado e quelli del secondo appello hanno creduto, piuttosto che al fior fiore dei funzionari e dei servitori dello Stato, agli assassini e ai peggiori lestofanti, senza riscontri e senza prove, ma sempre reclutati e addestrati e pagati per la bisogna dalla Dia diretta da De Gennaro. Gli hanno creduto e li hanno premiati, mettendoli in libertà, perché magari, come è avvenuto ed è stato giudiziaramente accertato per Spatola e Contorno, potessero tornare a delinquere, e finanziati dallo Stato. Il presidente della seconda Corte di appello, quella che a differenza della prima, ha condannato Contrada, si era già pronunciato per la colpevolezza di Contrada quando, cinque anni prima, in qualità di gip, gli aveva negato la scarcerazione, nonostante due anni e mezzo – due anni e mezzo! – già passati in isolamento a Forte Boccea, e le gravi condizioni di salute: era assolutamente incompatibile a partecipare e a presiedere la Corte, ma ce l’avevano messo appositamente.

 

15 anni di processi e di prigione a Contrada, 15 anni di splendida carriera a De Gennaro – Sempre d’accordo a sostenere De Gennaro la destra e la sinistra – Solo Cossiga lo accusa: uomo insincero, tortuoso, ipocrita, falso, cinico e ambiguo, la sua Dia è come l’Ovra, la Gestapo,il Kgb – Il ministro dell’Interno non risponde Cossiga presenta le sue dimissioni da senatore a vita – La Giustizia come la intende il pm Antonio Ingroia

Arrestato alla vigilia di Natale del ’92,alle 7 del mattino,come la vittima del “Processo” di Kafka (“Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., perché alle 7 del mattino bussarono alla sua porta…”), Contrada aveva allora 62 anni, è rimasto rinchiuso per due anni e sette mesi in un carcere militare riaperto solo per lui,e prima ancora che cominciasse il processo (intanto reclutavano i “pentiti”), e dopo 15 anni trascorsi tra il processo di primo grado, i due processi di appello,le due volte in Cassazione, è tornato in galera a 77 anni per scontare altri otto anni,e forse per non riuscirne più da vivo. Nel frattempo, Gianni De Gennaro ha fatto la sua splendida carriera. Dopo ogni sfornata di “pentiti”, dopo ogni processo politico, il suggeritore De Gennaro aveva uno scatto di carriera, vicecapo e capo della Dia prima, vicecapo e capo della polizia dopo, con gli uomini a lui fedeli sistemati in tutti i posti chiave, con quelli che non erano d’accordo emarginati, epurati, sempre con il rischio di fare la fine di Contrada. Due poliziotti: a Contrada 15 anni di processi e di galera, a De Gennaro 15 anni di carriera. Con il centro sinistra e il centro destra sempre d’accordo, la sinistra lo ha nominato capo della polizia, la destra lo ha riconfermato, con tutti, o quasi tutti sempre a difenderlo: Scajola o Amato, Violante o Pera, giustizialisti di professione o garantisti da operetta. Era rimasto soltanto Cossiga a tener duro: “Farò di tutto per far cacciare De Gennaro – aveva gridato qualche mese fa in pieno Senato – un uomo insincero, tortuoso, ipocrita, falso, un personaggio cinico e ambiguo che usa spregiudicatamente la sua influenza, un losco figuro di tale bassezza morale che è passato indenne da manutengolo della Fbi americana, dalla tragedia del G8 di Genova, che è passato indenne dopo aver confezionato la polpetta avvelenata che ha portato alle dimissioni di un ministro dell’Interno,che è passato indenne da tante cose…”(Senato della Repubblica, XV legislatura,81°seduta, 23 novembre 2006, resoconto stenografico,pagina 72).

Cossiga ha presentato una decina di interrogazioni e di interpellanze. Il ministro dell’Interno non gli ha mai risposto,il Parlamento non ne ha mai discusso, la stampa e la televisione hanno sempre taciuto. Anche l’ultima volta, dopo l’ennesima interrogazione e dopo le accuse più violente e clamorose che siano state mai pronunciate in un Parlamento, il ministro non ha risposto pubblicamente a Cossiga(soltanto ha inviato a Cossiga dopo un mese un biglietto “privato”, il cui contenuto è rimasto segreto). Cossiga ha presentato le dimissioni da senatore a vita:”Tanto, non conto niente – ha dichiarato – il Senato della Repubblica non conta più niente”. E ha chiesto scusa. Il Presidente emerito della Repubblica ha chiesto scusa allo sbirro,al carnefice di Contrada e di tanti altri. Il Senato ha respinto le dimissioni di Cossiga. Il Governo, dopo sette anni e un mese che ha diretto la polizia,ha destituito De Gennaro,non senza ricoprirlo di ringraziamenti e di elogi. Contrada ha bussato al portone del carcere militare di Santa Maria Capua Vetere e si è consegnato. Il solito pm di Palermo Antonio Ingroia, quello che ha sostenuto l’accusa contro Contrada, ed è lo stesso che ha sostenuto l’accusa contro Dell’Utri nel processo di primo grado, e utilizzando gli stessi “pentiti”, si è dichiarato “soddisfatto” di come è finita per Contrada in Cassazione dopo 15 anni: “E’ la dimostrazione – ha detto – che avevamo ragione,che il processo che gli abbiamo fatto era giusto”.

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